di Giulio Manicardi
Giulio è regista, esperto cinematografico e sperimentatore artistico. Da sempre affascinato dal potere trasformativo del cinema, esplora come le immagini sullo schermo influenzino e plasmino la nostra vita quotidiana. Collabora con con Flow con articoli e spunti di riflessione, offrendoci nuove chiavi di lettura per interpretare la realtà e il nostro rapporto con essa.

Fa strano partire dalla fine, vero?! Per quanto il cinema ci abbia abituati ad aprire dalle conclusioni ci aspettiamo ogni volta comunque di partire dall’inizio.
Per me era la fine di una faticosa e l’inizio di una anonima serata, per il signor David Lynch, di Los Angeles, invece era la fine di una intera esistenza e l’inizio di un’altra! Per chi come me si è scoperto di botto millennial alla soglia del 2000, non solo il suo cinema, ma tutto il suo modo di vedere il mondo, hanno rappresentato un punto di frattura e unione. Una di quelle figure artistiche che tutti sappiamo chi sia, senza per forza averne mai visto un film, e che tutti sempre abbiamo avvertito come familiare, nonostante l’estrema originalità e atipicità della sua filmografia. Questo probabilmente la conferma di quanto abbia, con 10 film e una serie tv, cambiato la settima arte, per davvero! Nel fare un cinema che viene guardato con sospetto, come “non per tutti”, ma nel cui marasma tutti trovano qualcosa di sé. Se per essere definito “capolavoro” un’opera si dice debba prima affrontare la prova del tempo e sopravviverle Lynch questa credo l’abba già superata!
Un esempio: in una delle sue ultime divertenti apparizioni social, dove ormai impossibilitato ad andare sul set negli ultimi anni aveva iniziato a creare contenuti, veniva ripreso con occhiali scuri da sole e anziché compiangersi per la propria salute che gli imponeva di portarli giustificò dicendo di vedere nel futuro e che il futuro era troppo radioso per essere visto senza occhiali. Come diceva sempre “l’arte è vita e in un modo o nell’altro riesce sempre a farsi strada”!
Esortando a vedere la sua vicina dipartita semplicemente come un passaggio creativo da uno stadio ad un altro, la chiusura di qualcosa per l’inizio di un’altra, forse proprio quello tra realtà e sogno che da sempre sperimentava su di noi con il suo cinema.
Una vita lynchana, letteralmente fino alla fine! Ed in modo altrettanto lynchano se n’è andato: con la mascherina dell’ossigeno come il suo Frank di “Velluto blu” togliendosela solo per fumare le sue iconiche sigarette nonostante l’enfisema, mentre sullo sfondo il Fuoco Cammina sulle Dune di Mulholland Dive, Strade Perdute della sua amata Los Angeles…ma questa è Una Storia vera.
O forse no! Forse è lui solo ad essere l’unico Cuore Selvaggio ancora in vita mentre noi, tutto il mondo, bruciamo sul tizzone di quella sua sigaretta, protagonisti di un suo mondo onirico frutto del suo primo sogno, come Elephant Man.
Non sembra ancora vero, e forse non lo è proprio! Ma è dalla fine che tutto parte.
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