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Oltre l'Io: abbracciare la follia e la bellezza della vita

Tratto dalla NEWSLETTER DI FLOW DI NOVEMBRE

 

Ciao a tutti,

eccoci con il nostro consueto appuntamento mensile. Siamo già a novembre!

Questa volta ho ritardato di qualche giorno a scrivervi, perché ottobre è stato davvero un mese ricco di esperienze, riflessioni e incontri che mi hanno dato tanto su cui riflettere.

 

Il gruppo di counseling è partito, e devo dire che mi sta dando un grande entusiasmo. Stiamo lavorando sul nostro giudice interiore, quella voce critica che spesso ci blocca e ci limita. È paradossale: ci porta a cercare la perfezione, ma allo stesso tempo non ci permette di esprimerci davvero. Liberarci da questo giudice significa aprirci a una versione di noi stessi più autentica, più libera.





 


Poi, per il mio compleanno, ho ricevuto il regalo speciale di un viaggio a Oslo, dove ho passato un lungo weekend immerso nell’arte e nella vita di Edvard Munch.

Questa esperienza mi ha dato l’opportunità di entrare nel suo mondo, di vedere come ha trasformato le proprie emozioni in opere che parlano di vita, di dolore, di inquietudine, dell'ordinario e della presenza.

Eppure Munch ha voluto esaltare la vita con quella che considerava la propria opera più importante, il “Fregio della Vita”, dove ha raggruppato fisicamente i quadri più significativi esprimendo varie sfumature dell'esistenza, felici e dolorose: alcuni lavori esprimono malinconia, altri un’esaltazione più luminosa, ma tutti insieme raccontano di una vita vissuta a pieno.

 

Prima di partire, ho partecipato alla conferenza di Umberto Galimberti, “L’Io e il Noi”, un viaggio nell’esplorazione di cosa agisce al nostro interno ancor prima di interagire con l’altro. Galimberti ci ha parlato dell’importanza di riconoscere che abbiamo un “Io” dominante, ma che non è l'unico componente della nostra anima.

"Se viviamo solo in balia dell'Io, vivremo una vita povera". (Galimberti)

Quando viviamo un amore, per esempio, possiamo restare intrappolati dal nostro Io egoico, che si manifesta, per esempio, nell’eccesso di aspettativa, nel controllo, nell’evitamento, nella continua ricerca di una perfezione irraggiungibile. In questi momenti, siamo in balia della nostra parte malsana e difficilmente possiamo costruire una relazione duratura, se non in modo disfunzionale.

Per questo Galimberti ci aiuta scoprire e a dare voce alle altre parti che abitano l'anima, tra cui la follia: una follia non intesa come qualcosa di negativo o di malato, ma come quella parte di noi che ci rende unici e diversi, che dà colore alla nostra anima.

La follia è quella forza che ci permette di andare oltre il nostro mondo razionale, di vedere oltre la logica e di vivere senza giudizi. La sperimentiamo spesso nei sogni, ad esempio, dove siamo si attori che registi, possiamo interpretare chiunque o qualunque cosa senza limiti. È una dimensione in cui possiamo diventare l’altro, sperimentare più ruoli e sensazioni.

Amare è riconoscere e accogliere la “follia” dell’altro, quella diversità che ci attrae e che rende l’amore una forza potente e misteriosa. "Ci innamoriamo della follia dell’altro, nel senso buono" (Galimberti)

 

La follia è anche parte predominante della produzione artistica di Munch che diceva: “dipingo ciò che ho visto e sentito, non ciò che vedo”.

Le sue opere, spesso considerate folli o cupe, sono in realtà uno specchio della nostra umanità. Dentro il “Fregio della Vita” convivono gioia e dolore e ogni emozione trova il suo spazio.

Munch ci insegna a vedere bellezza e sofferenza all’interno della vita, riconoscere le nostre inquietudini e non avere paura delle nostre parti più profonde e irrazionali.

 

Se ci soffermiamo su questi concetti di "io", "follia" ed "espressione della vita", possiamo riflettere su quante volte giudichiamo le nostre azioni e la nostra esistenza, inseguendo un’immagine idealizzata di come dovremmo essere e come dovremmo vivere, finendo per dare un giudizio alla vita stessa, come fosse un film.

Abbandonare questa narrazione ci permette di iniziare a vivere la vita così com’è (quello che in altre culture definirebbero “vivere il presente”).

 

Vi porto la mia personale esperienza, di questo anno di grande evoluzione.

Ho vissuto mesi turbolenti in cui mi sono messo alla prova e ho capito quanto la narrazione e la ricerca di senso potessero limitarmi nel vivere a pieno la vita.

Lasciando andare queste idee, mi sono permesso di essere più autentico, di vivere ogni esperienza con più libertà, di accogliere quello che arriva.

Abbandonare la narrazione della vita mi ha portato ad abbandonare il controllo sugli eventi.

Devo ringraziare anche la persona che mi sta accanto, perché in questo scambio di follia buona, di accettazione reciproca, c’è una crescita continua.

 

La nostra vita non è una fiction o una soap opera, non siamo personaggi che agiscono secondo schemi fissi.

Possiamo permetterci di sbagliare e riconoscere l’errore,

di perdonare,

di accettare,

di cambiare prospettiva,

di evolverci.

Abbiamo la possibilità di scegliere, di accettare le nostre imperfezioni e quelle degli altri, e di andare oltre le aspettative.

Impariamo a riconoscere e liberarci dalle gabbie mentali per vivere una vita sempre più consapevole e autentica, dando spazio anche alla nostra follia buona.

 

Vi auguro di trovare spunti per accogliere ogni parte di voi stessi e avvicinarvi così a un amore vero, per noi e per chi ci è vicino.

 

Un abbraccio,

Simone

 

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